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LE REGIONI CLIMATICHE DELLA TERRA

Il tempo che fa e il clima nel linguaggio comune sono concetti che sovente vengono confusi; dal punto di vista scientifico sono invece ben distinti. Il tempo meteorologico è la risultante locale dell’interazione fra temperatura, pressione e umidità; è riferito, oltre che ad una ben precisa, e limitata, area, anche ad un momento specifico e tende a cambiare rapidamente. Il clima è invece la successione di stati atmosferici medi, che variano nel corso delle stagioni, ma che si ripetono ciascun anno in sequenze grosso modo simili; esso dipende dagli elementi e dai fattori climatici.
Sono elementi climatici la temperatura, l’umidità relativa ed assoluta, la pressione, l’intensità e la durata della radiazione solare, le precipitazioni: si tratta dunque di parametri fisici misurabili, e traducibili in valori numerici comparabili; l’insieme degli strumenti capaci di registrare tali grandezze formano una stazione meteorologica.
I fattori climatici principali sono la latitudine, da cui dipende l’altezza e la durata del sole sull’orizzonte nelle diverse stagioni, l’altitudine, la distanza dal mare, la circolazione atmosferica, ed ancora, l’esposizione dei versanti, la copertura vegetale, le correnti marine, gli effetti dell’attività umana.
Elementi e fattori, combinati insieme, determinano i vari tipi di clima esistenti sulla superficie del globo. Definire i climi della Terra, e darne una classificazione, non è compito facile. Nel mondo, e in particolare nelle regioni marginali, esistono poche stazioni di misura meteorologica capaci di registrare l’andamento nel tempo degli elementi climatici. Né è semplice quantificare con esattezza l’influenza dei molteplici fattori che variano da luogo a luogo. Le classificazioni climatiche globali devono perciò basarsi su un numero limitato di parametri.
Le prime, che comparvero verso la fine del secolo scorso, si basavano soprattutto sugli effetti del clima, come la distribuzione delle associazioni vegetali, le forme dello spazio fisico, i tipi di suoli: non esistevano infatti ancora stazioni sufficientemente numerose nei diversi continenti per fare riferimento agli elementi climatici. Le classificazioni più recenti, a seguito della migliore distribuzione e della maggiore densità dei siti di misura meteorologica, fanno riferimento soprattutto alla temperatura, all’umidità e alla loro interazione.
Un sistema sufficientemente rappresentativo, e noto in tutto il mondo, è la classificazione climatica di Köppen, proposta nel 1930.
La Terra è divisa in zone differenziate secondo la temperatura, e alle precipitazioni viene dato un “peso” diverso a seconda della loro distribuzione durante l’anno. Le piogge invernali, meno soggette all’evaporazione data la più bassa temperatura, assumono importanza maggiore di quelle estive, i cui effetti perdurano di meno al suolo a causa del rapido essiccamento determinato dalla radiazione solare più intensa. Le zone climatiche sono distribuite dall’Equatore verso i poli in fasce orientate all’incirca secondo i paralleli. Fanno eccezione le zone aride, la cui disposizione dipende soprattutto da specifici fattori climatici: la lontananza dai mari (come le zone centrali dell’Asia, dell’Australia e dell’Africa); la presenza di catene costiere che annullano gli effetti marittimi (come gli altopiani interni dell’America Settentrionale e Meridionale); l’impatto di correnti fredde su coste calde (come i litorali occidentali dei continenti australi e dell’Africa sahariana). In quest’ultimo caso l’aria marina umida, ma fredda, a contatto della terra torrida, si riscalda, si espande e disperde il vapore d’acqua che contiene.