QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

PIERO GOBETTI

Nato il 19 giugno del 1901, da una famiglia contadina trasferitasi nella Torino di fine Ottocento, Piero Gobetti nel novembre del 1918, ancora diciassettenne faceva uscire il primo numero di “Energie nove”, rivista che già nel titolo racchiudeva l’intento programmatico di partecipare con giovanile irruenza al processo di ricostruzione civile, politica e morale che la conclusione del conflitto imponeva.

Nell’aprile del 1919 Gaetano Salvemini propose al giovane torinese di assumere la direzione del suo giornale, “L’Unità”. Nel corso del 1920 si consolidò il sodalizio con Antonio Gramsci. Gobetti iniziava a frequentare la redazione dell’ “Ordine nuovo” e, nel gennaio del 1921, quando il giornale divenne quotidiano, si vide affidare la critica drammatica e alcune collaborazioni letterarie. Nel febbraio del 1922 nasceva “La Rivoluzione liberale”. L’ambizione di questa impresa editoriale era quella di por mano alla ‘preparazione degli spiriti liberi, capaci di aderire, fuori dei pregiudizi, nel momento risolutivo, all’iniziativa popolare’: protagoniste della rinascita civile italiana sarebbero state le avanguardie operaie accompagnate e guidate da una élite intransigente e preparata. Nel 1923, accanto alla rivista si sviluppò l’azione di una casa editrice.

Come sfida al regime i libri recavano impresso il motto “Che ho a che fare io con gli schiavi?”. Ripetutamente arrestato, Gobetti fu bersaglio di costanti attacchi da parte della stampa filofascista e subì frequenti aggressioni, la più grave delle quali, nel settembre del 1924, lo fiaccò irreparabilmente. Nonostante ciò, continuò la sua infaticabile azione di organizzatore culturale. Negli ultimi giorni del 1924 usciva “Il Baretti”, nuova rivista, alla quale collaborarono Benedetto Croce, Emilio Cecchi, Leone Ginzburg, Eugenio Montale, Umberto Saba, Natalino Sapegno. “Il Baretti” voleva proporsi come un luogo dove estendere alla sfera culturale quella lotta che nelle pagine della “Rivoluzione liberale” si svolgeva sul terreno della politica. Ma era ormai vicino il tempo dell’esilio.

L’8 febbraio 1926 lasciò Torino e la famiglia. Appena giunto a Parigi si ammalò per i postumi dell’ultima grave aggressione aggravandosi rapidamente fino a morire pochi dopo, il 16 febbraio.