QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

LA SCOPERTA DELL’AMERICA – PARTE 5

La prima annotazione del diario di bordo
”Venerdì 3 agosto 1492. Partimmo alle otto, dalla barra di Saltes, e andammo con forte virazione fino al tramonto verso il Sud per 60 miglia, che sono 15 leghe, e poi ancora verso il Mezzodì, quarta di Sud-Ovest, che era la rotta per le Canarie…”.

Negli anni che trascorse a Porto Santo, nell’arcipelago di Madera, sposato a Felipa Moniz Perestrello, Colombo visitò anche le Azzorre e le Canarie per raccogliere informazioni sul tema che più lo affascinava: la via marittima più sicura per raggiungere le Indie. In una di queste “esplorazioni” alle Canarie, fra il 1479 e il 1483, incontrò uomini altissimi, robusti, di pelle bianca, occhi azzurri e capelli biondi, “lunghi fino all’ombelico”. Parlavano una lingua simile al berbero del Marocco, di cui si conoscevano solo poche parole; una di queste è guanc e significa “uomo”. Così li chiamavano Guanci. Abitavano capanne di pietre murate a secco, non sapevano navigare. Vestivano di pelli e si dipingevano il corpo. Non conoscevano i metalli e come armi usavano clave, giavellotti e scuri con punte e lame d’osso. Da dove provenivano? Forse dalle brume del Nord Atlantico, le terre dei Vichinghi? Oppure i loro antenati avevano superato le colonne d’Ercole a cavallo di paurose tempeste per finire trascinati dalle correnti su quelle isole lontane?

I civili sulle caravelle
Sulla Santa Maria  si imbarcarono, oltre ai marinai, anche alcuni civili con compiti diversi. Uno era Louis de Torres, che Colombo prese come interprete perchè conosceva l’ebraico e l’arabo, lingue che – pensava – potevano servire una volta arrivati nelle terre del Gran Khan. Poi c’era Diego de Harana, ufficiale di polizia, cui spettava il compito di mantenere la disciplina a bordo delle caravelle.
C’era Rodrigo de Escobedo, notaio e segretario della flotta. C’erano anche due uomini di corte. Il primo, Rodrigo Sanchez, era incaricato di controllare le spese e le future entrate in oro, spezie e merci preziose, per garantire la quota spettante alla corona. Il secondo, Pedro Gutierrez, era maggiordomo del re; non aveva incarichi specifici da svolgere a bordo, così i marinai lo bollarono come “spia” dei tanti cortigiani nemici di Colombo. E bollarono tutti i civili come “piedidolci”, perchè non si intendevano di mare e di navigazione.

Alisei, i venti della vittoria
Nessuno in Europa e nel mondo conosciuto sapeva dell’esistenza degli alisei, per il semplice motivo che sono venti atlantici. Marinai e navi dell’epoca percorrevano le rotte del Mediterraneo, della Manica e del Nord Atlantico e pochissime altre dirette all’Equatore bordeggiando lungo le coste africane. Scirocco, libeccio, grecale, tramontana e tutti gli altri venti conosciuti sono variabili; compaiono, scompaiono, cambiano direzione. Gli alisei no, spirano eternamente nella medesima direzione ogni mese. Forse il segreto del successo di Colombo si nasconde anche dietro la scoperta di questi venti. Deve averli individuati e studiati durante il suo soggiorno a Madera e nel corso dei viaggi in Guinea. La sua mente acuta deve aver intuito l’immenso valore di questa scoperta: quelli erano i “venti di vittoria” che lo avrebbero portato in groppa durante l’attraversata atlantica.

Cibo per sopravvivere
Ogni caravella partì da Palos con scorte di viveri per un anno: tonnellate di grano, barili di farina, carne di bue e maiale in salamoia, olio di oliva, formaggio, aceto, sardine, acciughe, aringhe, ceci, lenticchie, cipolle, aglio, riso, olive  e frutta secca. Non c’erano cuochi a bordo; a turno i marinai preparavano alla buona un pasto caldo al giorno. In genere piatti a base di carne di bue o di maiale conservata sotto sale, oppure minestre di ceci o lenticchie con cipolle, aglio e galletta. Con la farina preparavano piccole focacce che venivano cotte sul focone di bordo.