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1821: LA MORTE DI NAPOLEONE

L'Isola di Sant'Elena è rimasta nell'immaginazione popolare come uno scoglio sperduto in mezzo all'Oceano Atlantico, inospitale e flagellato dalle onde. Non è così: anzi quell'isoletta, che negli atlanti figura come un puntolino a metà strada fra l'Africa meridionale e il Brasile, è allietata da una bella vegetazione, corsi d'acqua e colline dal clima sanissimo.

La sua cattiva reputazione è legata al lungo esilio di Napoleone Bonaparte, che vi morì il 5 maggio 1821. Un ufficiale francese che l'aveva seguito, il conte de Las Cases, descrisse a tinte forti quella prigionia, mettendo sotto accusa il "carceriere" inglese, sir Hudson Lowe. Anche qui, però, la storia contraddice la leggenda. Certamente Lowe prese ogni opportuna misura per impedire la liberazione dell'ex imperatore, tanto più dopo le insistenti voci su complotti francesi. Ma vigilò sempre a distanza, poichè Napoleone lo riceveva solo in occasioni ufficiali, minacciando di sparare contro chiunque gli fosse entrato in casa senza permesso.

Del resto fu Lowe a chiedere e ottenere che le 8 mila sterline necessarie ogni anno per mantenere il prigioniero fossero aumentate a 12 mila, cifra assai elevata per l'epoca. Non che Napoleone spendesse molto per sè. Ma oltre ai cortigiani fedeli aveva, per esempio, undici giardinieri: dato anche questo che smentisce le accuse di inutile crudeltà nei suoi confronti.

A minare il fisico di Napoleone furono dunque il crollo psicologico dopo la sconfitta di Waterloo, le interminabili discussioni sui generali e politici traditori, la noia che pervadeva un uomo abituato a guerre e conquiste. In più, l'isola non disponeva di adeguate fognature ed era infestata dai topi, portatori di tifo. A curare l'imperatore era un italiano, il "dottor" Antonmarchi, che si fregiava della qualifica di medico ma era stato solo un assistente di autopsie nell'obitorio di Firenze. Napoleone dunque faceva coltivare la terra, andava a cacciasparando ai polli e alle capre che gli capitavano a tiro. Una volta colpì addirittura una mucca. Quando si sentiva meglio usciva per una cavalcata o un giro in carrozza: ma aveva pure l'abitudine di fare lunghissimi bagni caldi, che lo debilitavano.

Quasi tutti i maschi della famiglia Bonaparte avevano sofferto di tumori all'intestino, e Napoleone subì la stessa sorte. La dieta serviva a poco. Una volta, per questioni di cibo, insorse una buffa litigata. Gli ortolani avevano sostituito i fagioli bianchi (colore dei Borboni, i quali erano tornati a regnare a Parigi) con fagiolini verdi, colore delle divise napoleoniche. Lowe lo considerò un gesto di ribellione mentre, più semplicemente, l'imperatore preferiva i fagiolini.

Napoleone si mise definitivamente a letto nel marzo 1821. Il 21 aprile scrisse il suo testamento, dispensando agli amici cifre enormi, che in realtà non possedeva. Era diventato obeso, tanto da rendere difficile l'autopsia, protrattasi per sei ore. La notizia della sua morte giunse in Europa dopo due mesi. Alessandro Manzoni scrisse la famosa ode Cinque Maggio, il cui iniziò viene sovente letto tutto di seguito dagli studenti: "Ei fu siccome immobile..". Errore, perchè dopo "Ei fu" c'è un punto. E' la terra che resta attonita per quell'annuncio, "immobile" come la salma sepolta in quell'isola remota.