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francesco guicciardini: pensiero politico

Il pensiero politico di Guicciardini racchiuso particolarmente nelle "Considerazioni sui discorsi del Machiavelli" e nei "Ricordi politici e civili" non ha la sistematicitò e l'organicità di quello di Machiavelli.

Le sue osservazioni sono frammentarie, occasionali e hanno più tono critico-analitico che costruttivo, e riflettono uno stato d'animo amareggiato e deluso dalla politica, di cui Guicciardini non fu osservatore come Machiavelli ma fu primo attore e consigliere responsabile. Assistè alla sconfitta del papa Giulio de Medici (Clemente VII) nella guerra contro Carlo V (Lega di Cognac, 1526) e al sacco di Roma (1527); vide il capovolgimento politico operato dal papa e dai Medici, che si allearono con Carlo V pur di rientrare a Firenze. Tanto Machiavelli quanto Guicciardini muovono dalla realtà e dallo studio dell'uomo, ma mentre il primo da quello studio si sforza di dedurre le leggi universali che regolano la storie e l'azione politica, Guicciardini concentra la sua attenzione sull'irripetibile vicenda concreta, analizzando il fatto e le conseguenze particolari che ne discendono.

Per lui la formulazione di una teoria politica è quanto mai rara, perchè le cose contingenti presentano sempre aspetti nuovi e all'individuo che opera nella realtà viva non giova la dottrina desunta dalla storia, ma una certa tecnica o facoltà psicologica, la discrezione, che è la capacità di adattarsi alle circostanze e capire le cause che le determinano: eroe del Giucciardini è dunque non il "virtuoso" celebrato dal Machiavelli, ma il "savio", che con lucida intelligenza si accomoda alla realtà senza pretendere di mutarla.  Mentre il principe di Machiavelli era concepito come plasmatore di uno Stato collettivo, l'uomo del Guicciardini è isolato dalla società, curante solo del suo "particulare". Se il "particulare" è il punto d'approdo della "discrezione", esso per altro non va inteso come meschina ricerca di un tornaconto personale e materiale, ma nel significato più nobile di affermazione della propria personalità, della propria dignità e del proprio onore. A rendere ancora necessario il pessimistico ripiegamento del Guicciardini nel "particulare" è la consapevolezza del dominio prepotente e ineluttabile che la fortuna esercita sugli uomini, rendendo impossibile qualsiasi pretesa di incanalare gli eventi o peggio, qualsiasi programma per il futuro (così l'uomo guicciardiniano non domina più nemmeno per metà la storia). D'altra parte la chiusura nel "particulare" è implacabilmente dedotta dall'amara considerazione della natura degli uomini che sarebbe anche inclinata al bene se non fosse traviata; e corrotta dalle mille tentazioni della vita e della realtà fermentate di desideri di appetiti inconfessabili, si sciocchezze, di truffe, di tradimenti e priva di ogni luce ideale.